L’aula del Senato ha recentemente approvato in via definitiva il decreto che prevede la revisione del modello delle Forze Armate, tramutandolo in legge dello Stato. La riforma prevede un importante numero di modifiche a tutto l’apparato, con il chiarissimo intento di rendere più snello, moderno e funzionale il suo meccanismo.
La nuova concezione di Ferma Prefissata
Cadranno in disuso, dopo circa venti anni, le diciture VFP1 e VFP4, acronimi utilizzati per riconoscere i Volontari in Ferma Prefissata di 1 o 4 anni.
La riforma prevede una nuova concezione di Ferma Prefissata, ossia quella “3+3”. Nello specifico infatti, i volontari saranno suddivisi in VFI (Volontario in Ferma prefissata Iniziale) e VFT (Volontario in Ferma prefissata Triennale). Al termine del primo triennio, ovvero quello da VFI, sarà possibile accedere al secondo, quello da VFT.
I nuovi limiti di età
Oltre a nuovi parametri riguardanti compensi, indennità e altri dettagli, una delle novità di maggior rilievo di questa riforma è senz’altro l’abbassamento del limite di età per quanto riguarda le carriere iniziali nelle Forze Armate. I bandi pubblicati fino al 2022 prevedono infatti, come requisito indispensabile per l’iscrizione al concorso VFP1, un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. Proprio quest’ultimo limite, nel caso dei futuri partecipanti al concorso VFI, verrà abbassato a 24 anni dal 1 gennaio 2023.
Per quanto riguarda invece i VFP4, il cui requisito anagrafico limite è oggi rappresentato dal compimento del 30° anno di età, i bandi di concorso verranno pubblicati fino alla conclusione del 2024. Dall’inizio dell’anno successivo (2025), quando si passerà ai VFT, entreranno in vigore i nuovi standard anagrafici. Questi vedranno il giorno del compimento del 28° anno di età come limite ultimo per presentare la domanda.
Perché abbassare il limite di età?
Sembra evidente come l’abbassamento del limite massimo per l’accesso alle carriere iniziali a 24 anni sia stato previsto con un intento migliorativo per le Forze Armate. Un tale cambiamento scaturirà l’abbassamento dell’età media dei volontari arruolati in ferma prefissata.
A quale scopo? Probabilmente, in tal caso, c’è da parlare di recettività: più l’età media del soggetto è bassa, migliore sarà la sua capacità di far suoi gli insegnamenti ricevuti nel corso della preparazione. Solo ed esclusivamente agendo sulla mente e sul fisico di ragazzi più recettivi e improntati all’apprendimento sarà infatti possibile rendere le Forze Armate dei veri e propri Corpi Professionalizzati.
Ciò che è certo è che tra pochi mesi, tutti coloro che vorranno intraprendere la carriera in divisa dovranno avere un’accortezza in più, o meglio, dovranno anticipare la scelta di vestire la divisa.
Meno cadetti dal 2033
L’obiettivo del decreto sembra essere piuttosto chiaro: snellire e migliorare qualitativamente il servizio militare nazionale, favorendo sempre di più la transizione verso una vera e propria professionalizzazione del personale. A tale scopo contribuiscono diversi fattori, tra cui il grado di specializzazione che i preparatori delle Forze Armate sono in grado di assicurare ai propri allievi cadetti.
La riforma prevede infatti tutta una serie di provvedimenti atti ad alzare il livello qualitativo della nostra Difesa, puntando, come già detto, a una vera e propria professionalizzazione dei Corpi. Come fare? Adottando una soluzione pragmatica, ossia concentrare gli insegnamenti e la preparazione su un numero minore di unità rispetto a quello odierno.
Tale riduzione del personale, secondo la legge n. 244 del 2012, doveva avvenire entro il 2024 portando le dotazioni organiche complessive ad un massimo di 150.000 unità. Realisticamente ciò non potrà avvenire nell’arco di soli due anni; si è dunque provveduto a prorogare tale termine di oltre un decennio, fino al 2033.
Altre novità fondamentali
Nel contempo non è previsto esclusivamente lo stop al taglio dei Militari. Il decreto appena tramutato in legge prevede infatti anche l’inserimento di una delega al Governo per ciò che riguarda la revisione dello strumento militare. Ciò, paradossalmente, permetterà, in caso di necessità, un aumento delle dotazioni organiche complessive per un massimo di ulteriori 10.000 unità. Questa dotazione sarà denominata Riserva Ausiliaria dello Stato, e sarà ripartita in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze delle autorità militari. Tale riserva potrà essere impiegata in situazioni speciali come guerre o gravi crisi internazionali, ma anche in forma complementare e in attività svolte in campo logistico nonché di cooperazione civile-militare. Il riferimento, ovviamente, è al personale militare altamente specializzato nel settore sanitario e in quelli tecnico-logistici. È altresì previsto il cambiamento della nomenclatura dei gradi del personale Graduato e Sergente.
Infine è stata decretata una importante riforma del Servizio Sanitario Militare. I punti salienti di quest’ultima sono:
- L’adeguamento delle strutture militari anche per l’utilizzazione a supporto del SSN
- L’ampliamento ai medici militari e al personale militare delle professioni sanitarie la possibilità di esercitare l’attività intramuraria sulla base di convenzioni stipulate tra Ministero della Difesa, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e le regioni
- L’istituzione di fascicoli sanitari relativi agli accertamenti effettuati per una procedura concorsuale, in modo da poter utilizzare i risultati ottenuti, per un arco temporale prestabilito, per eventuali ulteriori procedure concorsuali.
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